Accessibility Act 2025, e-commerce: cosa cambia?

Accessibility Act 2025, e-commerce: cosa cambia?

Accessibility Act 2025, e-commerce: cosa cambia?

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European Accessibility Act, il calendario parla chiaro: dal 28 giugno 2025 i prodotti e i servizi informatici dovranno rispettare diversi requisiti di accessibilità.

Oltre a un obbligo normativo, la direttiva europea è anche un’opportunità di business. In questo articolo facciamo il punto della situazione. 

European Accessibility Act (EAA): cos’è la direttiva UE sull’accessibilità

L’EAA – acronimo che sta European Accessibility Act – è la direttiva europea 2019/882 che introduce, a livello comunitario, regole relative all’accessibilità digitale per gran parte delle aziende private.

L’accessibilità è il grado con cui prodotti, sistemi (…) possono essere usati da una popolazione con un ampio spettro di esigenze, caratteristiche e capacità per raggiungere specifici obiettivi in uno specifico contesto d’uso. (ISO 9241-11)

A differenza della direttiva UE 2016/2102, che regolamentava l’accessibilità di siti e app degli enti pubblici, l’EAA si rivolge ai prodotti e ai servizi digitali offerti dal mondo privato.

L’Accessibility Act, infatti, riguarda hardware e software come terminali self-service per i pagamenti, home banking, e-book e servizi di commercio elettronico (e-commerce).

…ma una legge sull’accessibilità non c’era già?

Sì, perlomeno in Italia. Ora facciamo un po’ di ordine.

La prima a sbarcare nell’ordinamento giuridico nazionale fu la Legge 4/2004 (nota come Legge Stanca), che rese l’accessibilità dei servizi digitali un obbligo per diversi soggetti.

Oltre ad aziende, organi ed enti della Pubblica Amministrazione, nel 2020 il testo fu integrato con un Decreto Legge che incluse anche le imprese private con un fatturato medio triennale superiore a 500 milioni di euro.

La legge – il cui mancato rispetto si traduce in una sanzione pecuniaria fino al 5% del fatturato – si consolidò nel quadro giuridico con l’attuazione del D.Lgs. 106/2018, che recepì la già citata Direttiva UE 2016/2102, uniformando a livello comunitario gli obblighi di accessibilità per le PA. 

Sintesi normative nazionali ed europee su accessibilità digitale

La direttiva europea relativa all’Accessibility Act e il Decreto Legislativo 82/2022 che l’ha recepita da luglio 2022, chiudono il cerchio delle persone giuridiche obbligate all’accessibilità digitale.

Entro giugno 2025 tutte le aziende private dovranno rispettare specifici requisiti di accessibilità; obblighi che riguarderanno non solo i servizi, ma per la prima volta anche i prodotti digitali.

Perché una normativa sull’accessibilità digitale? Tra inclusività e opportunità

La ratio della normativa è innanzitutto riconducibile a indiscutibili esigenze di progresso sociale: garantire a ogni individuo un’adeguata fruizione di prodotti e servizi migliora la vita di tutte e tutti.

Accessibility Act 2025 data

Secondo l’OMS, infatti, in Europa, infatti, le persone con disabilità sono oltre una su quattro (135 milioni) e, di queste, il 65% si dichiara frenato all’acquisto da barriere di vario genere (Forbes).

Oltre a una necessaria questione di inclusività, è pertanto evidente come l’Accessibility Act, specialmente per gli e-commerce, porti con sé anche indubbie opportunità di mercato.

EAA 2025: la direttiva UE sull’accessibilità spiegata facile

Compreso che anche le aziende che vendono prodotti e servizi via e-commerce dovranno rispettare i dettami dell’Accessibility Act, concentriamoci ora su quali sono queste regole.

In estrema sintesi, le organizzazioni saranno tenute al rispetto dei livelli di conformità A e AA delle WACG 2.1, linee guida sviluppate dal consorzio WWW contenenti una serie di raccomandazioni, con vari livelli di intensità, al fine di garantire esperienze web accessibili.

Quattro principi european accessiblity act 2025

I principi chiave su cui si basano le regole sull’accessibilità sono quattro.

La percepibilità impone contenuti percepibili da persone con disabilità sensoriali, l’operabilità tutela l’efficacia delle interazioni web senza l’uso del mouse.

Linguaggio semplice e layout chiaro sono frutto del terzo principio, quello della comprensibilità; la robustezza, infine, implica che prodotti e servizi digitali siano compatibili con gli strumenti assistivi utilizzati dagli utenti disabili.

Accessibility Act 2025: quali impatti per gli e-commerce?

Il lunghissimo elenco delle disposizioni per tipologia di contenuto è consultabile nel sito web contenente le WCAG 2.1. Di seguito abbiamo individuato alcuni interventi da considerare suddivisi per tipologia di contenuto tipicamente presente nelle pagine degli e-commerce.

Informazioni di prodotto e Accessibility Act

Le descrizioni testuali accessibili, incluse quelle alternative a contenuti multimediali (come gli alt-text delle immagini) dovranno essere sintetiche. Qualora servissero approfondimenti occorrerà fornire all’utente il collegamento a un’altra sezione, all’interno o all’esterno della pagina web.

In tema di contenuti testuali, inoltre, va segnalato che sarà obbligatorio tenere un registro degli interventi di ottimizzazione realizzati ai vari asset, che verrà consultato nel corso degli eventuali audit dalle autorità preposte.

File audio e Accessibility Act

Ogni file audio dovrà essere accompagnato da alternative testuali e sottotitoli, ad eccezione degli audio alternativi a un contenuto testo. Gli utenti devono inoltre poter avere il pieno controllo del volume e della riproduzione del contenuto.

Immagini e Accessibility Act

Per le immagini le disposizioni più rilevanti indicano la necessità di un’alternativa testuale e che la fruizione non dipenda dall’orientamento dello schermo.

Video e Accessibility Act

Tra gli aspetti a cui fare più attenzione coi contenuti video rientrano: alternativa testuale, sottotitoli e un’audio descrizione della clip, oltre al controllo di volume e riproduzione come per i file audio.

benefici di un ecommerce accessibile

Quali sono i benefici dell’European Accessibility Act?

Rispettare le regole di accessibilità non è solo necessario per mettersi al riparo da sanzioni pecuniarie né è da considerare un mero orpello di inclusività.

In palio c’è il miglioramento delle condizioni di vita di una cospicua fetta della popolazione, oltre a benefici rilevanti per le aziende. 

In primis, per una questione matematica: più accessibili saranno gli e-commerce, più ampia sarà la platea di utenti e maggiore quindi il volume di conversioni

Google, inoltre, premia pagine web dotate di immagini con alt-text oltre che con testi asciutti e ben organizzati (H1, H2…); d’altro canto, pagine poco accessibili, fanno lievitare il tasso di rimbalzo, penalizzando il posizionamento organico (SEO).

Gli sforzi in ottica accessibilità, inoltre, miglioreranno l’esperienza utente e, in generale, rafforzeranno l’immagine positiva del brand.

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PIM vs PXM vs DAM: che differenze ci sono?

PIM vs PXM vs DAM: che differenze ci sono?

PIM vs PXM vs DAM: che differenze ci sono?

PIM vs PXM vs DAM differenze SeeCommerce

PIM vs PXM, DAM vs PIM e poi ancora PXM vs DAM: quali sono le differenze tra questi software?

Esistono anche analogie tra di essi? La risposta nelle prossime righe, in cui potrai approfondire scopo, funzionalità, benefici e team di riferimento per ciascuna applicazione. Via!

PIM vs PXM vs DAM: di cosa stiamo parlando?

Partiamo dalle basi.

Con l’acronimo PIM si intende un software di Product Information Management, soluzione che permette di governare le informazioni di prodotto. Un tool di Digital Asset Management (DAM), invece, si focalizza sull’organizzazione degli asset digitali.

Infine, un PXM software è un tool per gestire l’esperienza di prodotto (da qui il nome esteso “Product eXperience Management”). 

Analogie e differenze funzionali tra i sistemi 

Per mettere a fuoco le reali differenze tra DAM, PIM e PXM occorre avere chiaro che tutte e tre le tipologie di piattaforme aiutano le aziende a centralizzare, organizzare e distribuire il loro patrimonio di contenuti finalizzati al mercato, sia esso B2B e B2C.

Ma quindi cosa cambia? In primis, il focus.

PIM e DAM offrono una gestione prevalentemente verticale, destinata rispettivamente a dati e informazioni nel primo caso, e a contenuti multimediali come foto, video e documenti nel secondo.

PXM vs PIM vs DAM rielaborazione

Un PXM, invece, si prefigge lo scopo di governare l’esperienza dei clienti che interagiscono con l’assortimento nei vari canali di comunicazione e vendita in cui l’azienda è presente.

Per raggiungere tale obiettivo, un Product eXperience Management software ingloba le funzionalità dei software PIM e DAM e le combina ad altre, trasversali alla customer experience.

Una di esse, forse la più cruciale, è la Syndication, funzionalità con cui i software PXM propagano un dato o un contenuto in più canali, spesso ottimizzandone automaticamente attributi come ad esempio il formato, la dimensione e il colore di sfondo.

In estrema sintesi, più che PIM vs PXM vs DAM è più corretto parlare di PXM = PIM + DAM. 

PIM vs PXM vs DAM: scopo dei tool

Un PIM è un software orientato alla governance delle informazioni di ogni articolo proposto al mercato dall’organizzazione. Per questo motivo, tra le principali funzionalità di una soluzione di questo tipo, c’è la centralizzazione dei dati.

Il sistema, infatti, dialogando con sistemi come ERP (Enterprise Resource Planning) e PLM (Product Lifecycle Management) funge da unica fonte di verità informativa. Inoltre, un PIM consolida i dati, mettendo in relazione e rendendo agilmente ricercabili tutte le informazioni relative a un prodotto. 

Similmente, un software DAM svolge funzioni di centralizzazione e consolidamento per qualsiasi asset digitale, come immagini, video, audio, documenti (come presentazioni e linee guida di brand).

PIM vs DAM vs PXM blog

Sebbene anche DAM e PIM possano occuparsi della distribuzione – rispettivamente di asset e di dati – è il software PXM a spostare il punto di vista verso l’esterno dell’organizzazione.

Infatti, mentre il principale scopo dei tool per gestire informazioni di prodotto e asset digitali è di convergenza, un PXM è orientato all’esperienza cliente.

Dato che quest’ultima è strettamente connessa a informazioni e asset digitali, un software di Product eXperience Management si fa garante – oltre che della convergenza – anche di ottimizzare e propagare tutti i contenuti, offrendo una customer experience omnicanale, B2B e B2C. 

Utenti tipo per piattaforma

PIM vs PXM vs DAM: le differenze si accentuano quando si parla di utenti tipo o, più in generale, dei principali team che traggono beneficio da ciascuna delle piattaforme.

Di un sistema di Product Information Management, per esempio, si servono principalmente persone che afferiscono a uffici che gravitano lungo l’intera supply chain di un articolo: design, ricerca e sviluppo, logistica e, soprattutto, e-commerce.

User personas per tipo di piattaforma

Le user personas di un DAM, invece, afferiscono tipicamente alle funzioni di marketing e branding che lo sfruttano per condividere con il resto dell’azienda media e template.

La trasversalità funzionale di un PXM, come visto all’inizio dell’articolo, lo rendono uno strumento utile a tutti i team, sia di quelli che beneficiano di un PIM che di un DAM; ad essi si aggiunge anche l’area sales, visto il supporto all’intero flusso di creazione e distribuzione del catalogo prodotti,  

Non è finita: nei casi di PXM altamente integrabili, i tool sono ideali anche per professionisti delle aree Digital e IT, con cui tagliano il budget IT e attività manuali, semplificando lo stack IT.

DAM vs PIM vs PXM: benefici a confronto

DAM e PIM offrono benefici speculari. 

Un software di Digital Asset Management centralizza e organizza i contenuti multimediali, favorendone la ricercabilità e il riuso. Qualora si occupi anche della distribuzione, può accorciare il time to market dei media dell’azienda. Benefici simili a quelli di un PIM rispetto ai dati di prodotto.

In generale, se tali soluzioni sono dotate di funzionalità di workflow, possono accelerare la collaborazione tra team e digitalizzare processi in precedenza analogici o destrutturati.

Anche in questo frangente, un PXM combina i benefici di DAM e PIM, andando addirittura oltre, per offrire esperienze di acquisto di prestigio e favorendo la product discoverability grazie a contenuti performanti, personalizzati e aggiornati in tempo reale su ogni canale. Parola dei nostri clienti!  

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Product Information Management: cos’è il PIM?

Product Information Management: cos’è il PIM?

Product Information Management: cos’è il PIM?

PIM Product Information Management

Ehi, ciao! In questo articolo troverai una panoramica sul mondo del Product Information Management.

Scoprirai per cosa sta l’acronimo PIM, comprenderai il significato del termine Product Information Management e ti illustreremo i benefici di un team che adotta un software PIM. Dai che si va!

Product Information Management: cos’è il PIM?

Partiamo dall’acronimo: PIM sta per Product Information Management.

In ambito IT, la sigla è piuttosto nota perché indica una tipologia diffusa di software che, come si può intuire, consente di gestire le informazioni di prodotto.

Oltre ad essere una soluzione informatica, il Product Information Management è anche un processo, che stabilisce il flusso ottimale con cui le aziende devono governare i dati relativi ai propri prodotti.

Cosa si intende per Product Information?

Per Product Information (Informazioni di Prodotto), si intende qualsiasi dato utile a identificare, descrivere, promuovere e vendere un articolo presente nell’assortimento aziendale.

Tali informazioni sono composte da una serie di attributi (comuni a una categoria di prodotti o all’intero assortimento) e dal loro valore (dati), variabile da articolo ad articolo.

informazioni di prodotto: un esempio di dati e attributi in ambito PIM

Nel semplice esempio della tabella qui sopra, tutti gli attributi sono in comune alle categorie “Scarpa” e “Jeans” tranne Vestibilità, che riguarda solo i pantaloni.

Ovviamente codice prodotto, taglia e colore sono solo alcuni esempi di attributi, il cui numero può variare da alcune decine a diverse centinaia, a seconda di aspetti quali la tipologia di prodotto, mercati geografici e canali di vendita.

Il ruolo chiave dei dati di prodotto

Le informazioni di un prodotto sono determinanti per lo shopping, soprattutto online.

In generale, esistono statistiche a bizzeffe che attestano l’importanza dei dati di prodotto nel mondo e-commerce. Ad esempio, secondo una ricerca, il 94% dei consumatori abbandona l’acquisto a causa di risultati di ricerca irrilevanti

Schede prodotto con informazioni aggiornate sono decisive per un’esperienza d’acquisto omnicanale, perché evitano di destabilizzare l’utente al passare da un canale all’altro.

Inoltre, descrizioni curate e ingaggianti garantiscono molti altri benefici: dal posizionamento ottimale sui motori di ricerca (SEO) al consolidamento della percezione del brand sul mercato, passando per la riduzione di resi e recensioni negative.

Product Information Management PIM

La merce non conforme a descrizioni (e foto) è tra le prime cause di recensioni negative in vari settori, come ad esempio giocattoli (23%), gioielli (17%), moda e beauty (12%), alimentare (4%).

Cosa significa gestire le informazioni di prodotto?

Colta l’importanza dei product data, occorre ora chiedersi cosa significhi gestirli.

In generale, rientrano nell’ambito PIM tutte quelle attività tese a garantire che i dati di prodotto siano integri, coerenti, ricercabili, aggiornati e accessibili nel viaggio dai gestionali aziendali ai canali di vendita, B2B o B2C, online ma anche offline.

Un percorso lungo e variegato, motivo per cui la gestione dei dati di prodotto (dall’inglese Product Information Management) è un’attività a cui contribuiscono team eterogenei dell’azienda.

Chi gestisce le informazioni di prodotto in azienda?

Nelle aziende strutturate e che vendono anche online, E-Commerce e Digital Manager sono tra le figure chiave in ambito PIM Product Information Management.

La loro figura, tra le altre cose, è chiamata a organizzare i contenuti di prodotto e monitorarne la distribuzione verso i canali finali. La gestione delle informazioni di prodotto, tuttavia, è influenzata e impatta l’operatività di tanti altri team. 

Copywriter e traduttori, ad esempio, arricchiscono i dati di prodotto derivanti da gestionali come ERP, con descrizioni accattivanti e multilingua.

Se l’approccio PIM è di qualità, inoltre, migliora la coerenza e l’efficacia delle attività di Content Strategy del Marketing, così come l’area Sales può contare su informazioni sempre consistenti.

A cosa serve un software PIM

Il numero di interlocutori e l’estrema importanza delle informazioni di prodotto verso il mercato amplificano il volume delle attività necessarie, elevando la dose di lavoro manuale dei team.

È in questo frangente che la tecnologia fornisce un supporto prezioso.

Talvolta etichettato come Product Information Manager, un software PIM risponde a due delle principali esigenze di qualsivoglia azienda: ridurre il lavoro manuale e aumentare le vendite.

Come funziona un software PIM?

Un software di Product Information Management, innanzitutto, funge da raccordo tra i sistemi gestionali e i canali finali come siti, portali, e-commerce e marketplace.

Oltre a garantire continuità al flusso informativo, un PIM centralizza i dati favorendone la ricercabilità, li trasforma sulla base di regole automatizzate e permette di arricchirne lo storytelling con descrizioni, immagini e video. 

Quali benefici garantisce un software PIM

L’introduzione di una soluzione di Product Information Management centralizza ogni dato, evitandone la dispersione, lo smarrimento e il disallineamento. Inoltre, un PIM abbatte il lavoro manuale e riduce gli errori derivanti dal copia-incolla tipici dei contesti non-digitalizzati. 

Niente più fogli Excel sparsi, quindi, oltre alla pubblicazione istantanea sui canali web, che accorcia il Time to Market, il tempo necessario per raggiungere gli utenti a prodotti, campagne o collezioni. 

Puoi andare ancora oltre a un PIM… con un PXM

Ricorda: oltre ai dati di prodotto, l’esperienza di un cliente passa anche da altri fattori. Ecco perché il focus dovrebbe spostarsi dal Product Information Management al Product eXprience Management

Catalogo prodotti: 7 grane risolte da un PXM

Catalogo prodotti: 7 grane risolte da un PXM

Catalogo prodotti: 7 grane risolte da un PXM

Catalogo Prodotti 7 grane risolte da un PXM software seecommerce

Il catalogo prodotti è uno strumento tanto essenziale alla vendita quanto oneroso da produrre e aggiornare, specie per le realtà che vendono online.

Un software PXM è un alleato imprescindibile per azzerare l’operatività e amplificare i benefici che derivano dal flusso di creazione, pubblicazione e aggiornamento del catalogo prodotti.

In questo articolo scoprirai come.

Catalogo prodotti: cos’è ormai lo sappiamo proprio tutti

Non serve certo essere venditori, marketer o e-commerce manager per sapere che un catalogo prodotti è una raccolta ordinata di foto e informazioni relative all’assortimento aziendale.

Un catalogo può includere tutti i prodotti o parte di essi, avere una durata limitata (come nel caso della moda e le sue stagioni), rivolgersi a mercati esclusivi o essere destinato a più canali.

È proprio su quest’ultimo aspetto che ci concentreremo di più in questo articolo.

La gestione del catalogo nell’era dell’omnicanalità

Non vogliamo ripetere la tiritera che avrai letto ormai ovunque ma è la verità: il digitale ha rivoluzionato i processi di acquisto e, di riflesso, anche la gestione del catalogo. 

Di conseguenza, quando si parla di cataloghi di prodotto, i fari sono quasi sempre puntati sul contenuto di pagine di siti, e-commerce e marketplace, che richiedono livelli di istantaneità e coerenza massicci che, senza un adeguato supporto, si traducono in molto lavoro manuale.

Catalogo automatico: presente e futuro passano da qui

L’eterogeneità e la numerosità dei canali di comunicazione e vendita hanno elevato costi operativi e probabilità di errore del flusso di produzione dei cataloghi, favorendo la crescita dei software PXM.

Non sorprende che il mercato del Product eXperience Management, soluzioni che aiutano le aziende a garantire un’esperienza di prodotto omnicanale ai clienti, si stimi in crescita con un tasso annuo medio composto del 18,2% e un valore stimato di 6,3 miliardi nel 2028.

Valore mercato PXM software catalogo prodotti SC

Tra i principali benefici di una piattaforma PXM c’è l’abbattimento del lavoro operativo, garantito dalla pubblicazione automatica del catalogo e delle relative schede prodotto. Ma c’è molto di più.

Nei paragrafi che seguono esploreremo 7 problemi risolvibili con un catalogo automatizzato. 

#1 Stop ai copia-incolla dei Dati Master

I Dati Master (o Master Data) sono le cosiddette informazioni anagrafiche dei prodotti e risiedono tipicamente nei sistemi gestionali aziendali come ad esempio i software ERP.

Alcuni Dati Master confluiscono direttamente nelle schede prodotto: è il caso ad esempio del codice prodotto (come EAN). Altri, invece, vanno adattati a seconda del canale di pubblicazione.

È il caso della taglia: se l’azienda vende online in mercati geografici differenti, la taglia di un medesimo articolo varierà a seconda del paese al quale è destinata la scheda prodotto. In assenza di digitalizzazione, il lavoro manuale e i rischi di errore, con assortimenti ampi e profondi, lievitano.

product data transformation

Soluzioni come un PXM con cui automatizzare il caricamento dei prodotti agevolano la gestione dei Dati Master perché popolano in automatico e-commerce e marketplace con flussi di dati provenienti dall’ERP, distribuendoli in modo diretto o trasformandoli.

Le trasformazioni sono rese possibili dalle regole, con cui i tool PXM più avanzatI permettono che un medesimo dato assuma automaticamente valori diversi in base al catalogo a cui è destinato.

#2 Lo sviluppo di Dati Editoriali accelera

Il flusso di creazione di un catalogo prodotti non si limita a far fluire a valle Dati Master provenienti dall’ERP ma include anche la pianificazione, la scrittura e la distribuzione di Dati Editoriali.

Mentre i Dati Master hanno una portata informativa, quelli Editoriali hanno una natura più commerciale, in quanto favoriscono lo storytelling del prodotto.

catalogo prodotti differenza tra dati master ed editoriali copy seecommerce

Copywriter e traduttori – anche a partire da dati dell’ERP – arricchiscono le informazioni esistenti e ne generano di nuove, come le descrizioni marketing. Flussi creativi che, con una gestione manuale, avvengono in modo frammentato e con repliche inefficienti per ogni canale e catalogo.

Con un software PXM lo sviluppo di Dati Editoriali accelera perché si offre ai vari team uno spazio unico di lavoro in cui è possibile pianificare le varie attività e dire addio ai fogli Excel.

Inoltre, grazie alle regole già citate, è possibile pre-popolare alcuni campi con combo di dati presenti su tool come ERP o PLM, per rendere più agile il lavoro degli esperti di lingue e parole.

3. Basta ore buttate a categorizzare i prodotti su ogni canale

Le categorie sono guide preziose per l’esperienza del cliente.

Tuttavia, rischiano di far lievitare il time to market, specie nelle aziende poco strutturate digitalmente e con molti prodotti da promuovere in canali di vendita differenti.

Un medesimo articolo, infatti, potrebbe essere categorizzato in modo diverso su cataloghi diversi, in base alla struttura dei vari marketplace o a scelte del brand; tra gli e-commerce dei nostri clienti, infatti, ci sono realtà che differenziano le categorie a seconda dell’area geografica di riferimento.

category management catalogo prodotti

Una soluzione PXM, grazie a motori di regole configurabili, azzera il tempo speso (o perso) a categorizzare i prodotti.

Stabilite le alberature dei vari cataloghi, ad esempio, i tool più potenti assegnano in automatico gli articoli ai vari cataloghi (e alle loro categorie) sulla base del valore di uno o più dati di prodotto.

 

4. Il cross-selling e l’up-selling spiccano il volo

Un catalogo automatizzato non si limita a ridurre i costi e i tempi promozionali.

Digitalizzando il flusso creativo com’è possibile fare con un software PXM, infatti, si possono sfruttare motori di regole e associare in automatico tra loro più prodotti, creando bundle di articoli o suggerimenti di acquisto presenti nelle pagine di siti e marketplace per elevare il carrello medio. 

 

5. Niente più campagne in ritardo

L’introduzione di una soluzione di Product eXperience Management impatta anche sulla collaborazione tra team anche molto diversi tra loro. I clienti che hanno scelto SeeCommerce, ad esempio, sfruttano i suoi Attributi Planning per programmare i flussi di lavoro.

flusso di lavoro creazione catalogo

Per fare un esempio, per ogni catalogo è possibile stabilire le date degli shooting fotografici (allineate ai flussi logistici che prevedono l’arrivo fisico dei prodotti) e, a cascata, quelle delle attività di post-produzione, arricchimento dei copy e, infine, di pubblicazione del catalogo. 

Il principale vantaggio di una programmazione delle attività è quello di scongiurare disallineamenti tra reparti e ritardi lungo il processo, causa principale di lanci sul mercato rallentati, con ciò che ne consegue per il business. 

6. Popolare le viste diventa un gioco da ragazzi

Finora abbiamo parlato in gran parte di dati ma l’altra metà della mela, anzi, di una scheda prodotto sono senza dubbio le foto, i video, i documenti… in una parola: i media (o asset digitali).

Fronte, retro, still-life: le viste di un singolo prodotto sono numerose e spesso uno scatto varia nella dimensione, nel formato o nel colore di sfondo a seconda del catalogo di destinazione.

Una soluzione PXM ottimizza anche questo flusso che, svolto manualmente, richiede intense attività di editing, ottimizzando in automatico le specifiche di un media.

Un altro grande beneficio in termini di tempo è garantito dall’associazione automatizzata prodotto-contenuto. SeeCommerce, per farlo, sfrutta la naming convention; il sistema viene istruito per riconoscere le nomenclature dei file e associargli all’istante uno specifico prodotto.

Ciò permette di reperire, in fase di ricerca, non solo tutte le informazioni di un articolo, ma anche gli asset digitali che lo rappresentano. Senza che occorra alcuna attività manuale.

7. Il tramonto dei cataloghi disallineati

Ultima grana ma non ultima: l’aggiornamento. Quante volte serve ritoccare quel dato, rimuovere quell’interlinea di troppo, aggiornare quello scatto impreciso? Rispondiamo insieme: troppe!

Un software PXM si prende cura anche di questo aspetto, peraltro essenziale per poter parlare per davvero di pubblicazione automatica delle schede prodotto.

Con SeeCommerce PXM non serve accedere ai sistemi di back-end di e-commerce o portali per aggiornare un’informazione o un contenuto, perché il tool si integra coi canali finali e distribuisce in tempo reale sui front-end delle tue vetrine digitali la versione più aggiornata di dati e media.

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Passaporto Digitale Prodotti: il Regolamento UE spiegato facile

Passaporto Digitale Prodotti: il Regolamento UE spiegato facile

Passaporto Digitale Prodotti: il Regolamento UE spiegato facile

Passaporto Digitale dei Prodotti

Da qui al 2030 entrerà in vigore il Regolamento UE ESPR il quale, tra le varie misure, include il Passaporto Digitale dei Prodotti (o DPP).

Cos’è il Digital Product Passport? Quali settori riguarda? Quali impatti porterà con sé? In questo articolo facciamo il punto della situazione. 

Passaporto Digitale dei Prodotti: cos’è il DPP

Andiamo subito al dunque.

Il Passaporto Digitale dei Prodotti è un registro digitale contenente una serie di informazioni relative alla catena del valore di un articolo.

A breve, le aziende europee dovranno accompagnare ogni prodotto con un dettagliato elenco di dati relativi al suo ciclo di vita, dalla produzione al riciclaggio, passando per la riparabilità e lo smaltimento

Digital Product Passport: come funziona?

La fruizione dei DPP sarà più chiara dal momento in cui vedranno la loro piena applicazione ma è probabile che per accedere al passaporto digitale di un prodotto si sfrutteranno standard già presenti nel mercato come i codici QR.  

Una volta scannerizzato, il codice restituirà al consumatore un insieme di dati di dettaglio relativi a materiali, composizione, ciclo produttivo, variabili da settore a settore. 

A cosa servono i Passaporti Digitali dei Prodotti

Per comprendere lo scopo del passaporto digitale prodotto va detto che è parte del regolamento ESPR, approvato nella primavera 2024.

ESPR sta per Ecodesign for Sustainable Product Regulation, regolamento che si colloca nell’ambito del Green Deal, pacchetto di iniziative UE per ridurre di almeno il 55% le emissioni entro il 2030.

Il focus di ESPR è estendere la progettazione ecocompatibile alla maggior parte dei prodotti presenti sul mercato UE per ridurre l’impatto ambientale del loro ciclo di vita, come già oggi avviene per gli elettrodomestici.

ESPR, inoltre, introduce nuovi requisiti e standard in merito a durabilità, riparabilità, efficienza energetica e riciclaggio degli articoli, al fine di contrastare l’obsolescenza programmata e favorire la circolarità.

In questo contesto, il DPP fungerà da punto di riferimento informativo:

  • per le aziende, che disporranno di una leva di trasparenza oggettiva e concreta
  • per i consumatori, che potranno operare scelte più consapevoli e verdi
  • per le autorità – che ricevendo i dati per esporli nei propri portali – saranno facilitate nei controlli e aumenteranno la fiducia dei consumatori.

… ok ma la concorrenza?

In effetti, nel libero mercato, i doveri di trasparenza delle aziende possono collidere con la tutela della concorrenza.

L’ampia portata informativa del DPP, potrebbe compromettere la riservatezza di dati strategici, come quelli relativi ai flussi di produzione e approvvigionamento.

Per questo motivo, il Legislatore ha chiarito che di tutte le informazioni inserite nel DPP solo una parte saranno accessibili ai consumatori, mentre altre lo saranno solo da soggetti con “un interesse legittimo”, stabiliti dal Regolamento stesso o dalla Commissione.

Passaporto Digitale dei prodotti esempi di dati e informazioni

Quando sarà obbligatorio il Digital Product Passport?

Prima dell’entrata in vigore dei DPP sono previsti almeno due passaggi:

  • la Commissione Europea presenterà, nel 2025, un piano di lavoro triennale, stabilendo le tipologie di prodotti coinvolte dal regolamento
  • definite le tipologie di prodotti, per ciascuna di esse verrà realizzato un atto delegato, che sancirà a quali dati dovrà attenersi ogni settore

Al momento non esistono date certe, ma è ragionevole ritenere che i passaporti digitali di prodotto entreranno in vigore prima del 2030 (per alcuni settori già dal 2027).

Per quali settori scatterà in primis l’obbligo del DPP?

Da una prima analisi della Commissione Europea, le categorie di prodotti interessate per prime dalla novità Digital Product Passport saranno le batterie, il tessile, l’elettronica e l’edilizia

Le aziende di batterie, ad esempio, dal 1° febbraio 2027 dovranno predisporre un DPP che includa informazioni relative a durabilità, prestazioni e impatto sulla CO2 di ogni prodotto. 

A ruota, è probabile che il Digital Product Passport – proprio per i suoi obiettivi di capillarità – verrà esteso a qualsiasi altro settore merceologico, con poche esclusioni (che pare riguarderanno articoli alimentari, mangimi e farmaci).

Su quale tecnologia si baserà il Digital Product Passport?

I rumors sono concordi nel ritenere che la tecnologia che consentirà l’affermazione del DPP sarà la blockchain, nota per offrire un’infrastruttura digitale che garantisce sicurezza, trasparenza e immutabilità di ogni record immesso dai vari attori di una catena informativa.

A proposito, il passaporto digitale nella moda di lusso esiste già

Il Fashion, in particolare quello che occupa la fascia più alta del mercato, è da sempre precursore delle evoluzioni digitali di maggior rilievo. 

Non sorprende che anche in questo frangente si sia mosso in anticipo, attraverso un consorzio e un progetto ad adesione volontaria denominato Aura Blockchain.

La piattaforma, sviluppata da colossi del calibro di LVMH, OTB, Cartier e Gruppo Prada, offre una tracciabilità che mette al riparo i consumatori da contraffazioni.

Tod’s, ad esempio, ha inserito nelle sue Di Bag un tag NFC (Non-Fungible Token) che sfrutta la blockchain del progetto Aura per restituire al cliente – che scansiona col suo smartphone – dati che attestano l’autenticità e la provenienza dei materiali della borsa.

Tods passaporto digitale dei prodotti nfc

DPP: alle aziende serviranno software ad hoc?

La gestione del DPP è strettamente connessa a quella delle informazioni di prodotto e, in particolare, alla loro centralizzazione, arricchimento e distribuzione.

In vista del nuovo obbligo, è evidente che le aziende destrutturate dal punto di vista del Product Information Management potranno cogliere la palla al balzo per dotarsi di software PIM – o meglio ancora – di software PXM.

Le aziende che invece hanno già intrapreso percorsi di digitali del genere, dovranno accertarsi che i tool in uso supportino la gestione e la propagazione dei dati dei DPP

La nostra piattaforma, ad esempio, è SaaS, offre un data model iper-flessibile e, grazie alle API, distribuisce contenuti (dati e media) di prodotto su qualsiasi canale. Caratteristiche fondamentali per ottemperare ai futuri obblighi del DPP.

Da obbligo normativo a opportunità di business

I DPP sono molto più che un obbligo normativo. 

I Passaporti Digitali di Prodotto, infatti, possono essere uno strumento utile per condividere informazioni e documenti che arricchiscono l’esperienza di prodotto, attraverso attestazioni certificate di autenticità di qualità di un brand.

Si tratta inoltre di uno strumento democratico per promuovere azioni di sostenibilità, perché i dati viaggiano su un circuito garantito da terzi, rendendo più facile individuare fenomeni di greenwashing

Ultimo ma non meno importante, può favorire la vendita di servizi o prodotti aggiuntivi quali la riparazione, lo smaltimento, articoli per la manutenzione e la riparazione.

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Software PXM: una guida rapida ma completa

Software PXM: una guida rapida ma completa

Software PXM: una guida rapida ma completa

Copertina Blog PXM Product Experience Management

Ehi, eccoti. Se sei qui vuoi approfondire che cosa significa PXM, acronimo che sta per Product eXperience Management, termine usato per definire anche un tipo di software.

Beh, sei nel posto giusto! Alla fine di questo articolo scoprirai tutto (o quasi) ciò che devi sapere sui tool PXM: di che tipo di software si tratta, a cosa serve, chi lo utilizza, quali sono i benefici offerti. 

PXM: cosa significa Product eXperience Management?

L’acronimo PXM sta per Product eXperience Management e viene utilizzato per indicare il processo con cui un’azienda gestisce l’esperienza web del cliente sui canali in cui vende i suoi prodotti

È un aspetto saldamente connesso alla CX (Customer Experience) e, di riflesso, al business.

Dati relativi alla Customer Experience e ai suoi impatti sul business nell'ambito del PXM

L’obiettivo principale dell’approccio PXM

Il principale compito dell’approccio PXM consiste nel fornire a clienti e potenziali clienti esperienze web di prodotto coerenti, ingaggianti e personalizzate.

Se la frase precedente dovesse apparirti ambiziosa e generica, è normale. Offrire una Customer Experience prestigiosa è un desiderio facile da covare ma non semplice da concretizzare.

E quindi? 

Da dove si parte per elevare la Product Experience?

In ballo ci sono davvero tanti fattori: dalla qualità del prodotto (o del servizio) alla reattività delle pagine web, passando per la tempestività della logistica e la cordialità del servizio clienti.

Senza nulla togliere agli aspetti citati, però, ce n’è uno particolarmente importante per la sua presenza costante lungo il Customer Journey, il viaggio che porta un utente a diventare cliente.

Si tratta del patrimonio di dati e asset che descrivono e rappresentano l’assortimento aziendale.

Il ruolo chiave di informazioni e media di prodotto nella PXM

Il buon esito di una ricerca su Google, lo zoom di dettaglio su un prodotto dell’e-commerce, il confronto di un articolo con quelli concorrenti in un marketplace e la riproduzione di tutorial guida per l’uso o il montaggio.

Attività diverse, che si alternano lungo il percorso d’acquisto online, accomunate dalla presenza costante di informazioni, scatti e video che promuovono, descrivono e raccontano i prodotti, essenziali per permettere al cliente di conoscerne e comprenderne il valore..

Non stupisce che nel 70% dei casi i contenuti di prodotto siano ritenuti cruciali per l’e-shopping (Forbes).

Peraltro, dati e asset poco accurati, oltre a ridurre le possibilità di vendere un prodotto, sono la seconda causa più frequente di reso (30%), preceduti solo dai resi da articoli danneggiati (39%).

Oltre i fogli Excel e i silos dei software DAM e PIM

L’esigenza di istantaneità dei vari canali digitali, specie nelle realtà con assortimenti di volumi considerevoli, richiede tuttavia sforzi manuali importanti, spesso sinonimo di errori e incongruenze.

Un’alternativa a fogli Excel e a ore di copia-incolla è quella di affidarsi a software ad hoc per gestire le informazioni di prodotto (i PIM, Product Information Management) e ad altri per gestire gli asset digitali come foto e video (i DAM, Digital Asset Management).

Seppur buoni alleati per la product experience, scegliere due tool distinti eleva il rischio di duplicazioni dei contenuti, oltre a gonfiare i costi di integrazione e di licenze.

Perché PXM = DAM + PIM?

Un software di Product eXperience Management (o più semplicemente PXM) integra – e spesso supera – le funzionalità dei software DAM e PIM, con l’obiettivo di governare da una piattaforma unica informazioni e contenuti di prodotto.

La convergenza del patrimonio informativo garantita da un software PXM garantisce un risparmio sui costi IT ed eleva l’agilità dei processi perché centralizza end-to-end i flussi di creazione, post-produzione, arricchimento e approvazione dei contenuti di schede prodotto e cataloghi. 

Confronto tra PXM Product Experience Management, PIM Product Information Management e DAM Digital Asset Management

Come funziona un software PXM

Principalmente, un software PXM supporta tre tipologie di macro-flussi:

 

  • centralizza. Integrandosi con sistemi come gli ERP, un PXM raccoglie tutti i dati anagrafici di prodotto, eliminando il rischio di frammentazione delle informazioni e abbattendone i tempi di ricerca. Inoltre, attraverso regole configurabili ad hoc, può trasformarli in modo automatico;
  • gestisce. Un software PXM permette a team diversi di pianificare le attività e collaborare da un unico tool. Fluidifica inoltre processi chiave come l’arricchimento e la traduzione dei dati, ma anche la revisione e l’approvazione dei media;
  • distribuisce. Un software PXM supporta la filiera del contenuto di prodotto fino all’ultimo miglio, cioè quando tutte le componenti di una scheda prodotto sono pronte, abilitando – grazie ad API o integrazioni – la pubblicazione dei contenuti sui vari canali aziendali.

A chi serve un software PXM

Le figure aziendali che beneficiano dell’introduzione di un software PXM sono molteplici.

In primis E-Commerce e Digital Manager, che possono contare su un flusso automatizzato costante e coerente di dati e media di prodotto verso siti web, e-commerce, marketplace.

Risalendo la catena di produzione dei contenuti, un software PXM è uno spazio condiviso prezioso per figure specializzate come copywriter, traduttori, fotografi e post-produttori, che nella piattaforma – oltre a lavorare – possono richiedere feedback e collaborare con i colleghi.

Inoltre, anche Marketer e Sales beneficiano di un PXM, che funge da archivio e centro di condivisione di informazioni, scatti, video di prodotto ma anche di brand e istituzionali. 

Quali benefici garantisce un software PXM

Gestire il patrimonio di dati e media di prodotto con una soluzione di Product eXperience Management offre svariati benefici.

Da un punto di vista della Customer Experience, un PXM alimenta in tempo reale cataloghi e schede prodotto con dati sempre aggiornati e media di qualità distribuiti alle massime performance, favorendo un’esperienza di navigazione e di acquisto soddisfacente.

Soddisfazione che si propaga anche tra i team, che con un software PXM possono automatizzare attività manuali ridondanti e avere sempre il controllo di cosa e come sta comunicando il brand in qualsiasi canale web, avendo la possibilità di effettuare aggiornamenti o modifiche tempestive.

L’automazione e il controllo, infine, accorciano inoltre il Time to Market, scongiurando ritardi di campagne e lanci, a garanzia delle performance di business, enfatizzate peraltro dalla riduzione dei costi IT.